Posted by Mara
È una pianta erbacea gracile e delicata, annuale, appartenente alla
famiglia delle papavaraceae, comprende circa un centinaio di specie.Noi lo
riconosciamo quando inizia ad aprire i tipici fiori rossi, quando sono visibili
i boccioli ingrossati.
Il Papavero, in realtà è presente già nei campi da un po’, anche se noi
non ci abbiamo fatto caso. Alla fine dell’inverno, dove le temperature lo
consentono, o in primavera, da un piccolo seme il Papavero forma una fitta
rosetta basale di foglie erettea margine dentato.
Dalla rosetta in seguito si elevano i fusti fioriferi. I fiori sono
solitari, inconfondibili, semplici, belli ed eleganti dal tipico, colore rosso
porpora, macchiati di nero internamente. Sono composti da petali leggeri ed
allargati che contornano una serie di stami neri e un grosso pistillo centrale;
poggiano su lunghi gambi. Il fusto alto da 30 a 80 cm è poco ramificato,
contiene un lattice bianco leggermente puzzolente, un alcaloide lievemente
velenoso. Tutta la pianta è coperta da
peli setosi e morbidi.
Quando i petali cadono rimane il frutto, una capsula ovale (che a
maturità si apre) con un coperchietto fatto a disco ondulato sulla parte
superiore, contenente molti semi bruno-nerastri (il Gravius con pazienza
infinita arrivo a contarne, in una di esse, 32000). Normalmente si apre per
mezzo di piccole valvole situate sotto il margine superiore. Queste valvole ad
un aumento dell’umidità dell’aria si stringono chiudendo le aperture. Se il
tempo è secco le valvole si aprono e, quando la capsula è scossa come un
piccolo sonaglio dal vento i semi sfuggono pronti a conquistare nuovi spazi.
Il nome “papavero” deriva dal celtico “papa” cioè “pappa”, derivato
dall’usanza di mischiare il suo lattice nella pappa dei bambini e procurare
loro lunghi sonni. “Rhoeas” dal greco “cadere” fa riferimento alla precoce
caduta dei petali dal fiore.
Si pensa giunga dal Medio Oriente. Il Papavero, è una pianta
particolarmente messicola, e da sempre ha mescolato i suoi semi a quelli dei
cereali, seguendo l’uomo nella sua evoluzione. Anche nelle tombe egizie per
decretare fin dai tempi antichi la combinazione grano-papaveri, ne sono stati
trovati i fiori. Mentre nell’antica Roma la dea Cerere (da cui il termine
cereale) era rappresentata con in mano un mazzo di papaveri, tanto naturale era
la compresenza nei campi.
Il Papavero è un fiore profondamente semplice,
eppure è stato da sempre oggetto di numerose simbologie. Gli antichi Greci lo
rappresentavano Hipnos (il Sonno) e Thanatos (la Morte), con il capo incoronato
da papaveri o con qualcuna delle sue corolle tra le mani. Pianta dedicata alla
Grande Dea patrona della Vita così come della Morte, la dea garantiva
attraverso il suo fiore la rinascita, il risveglio dal sonno. Gli antichi
Romani, oltre a consacrarlo al loro dio del sonno Morfeo, lo elessero simbolo
dei potenti. Famosa la leggenda in cui si racconta come il re di Roma Tarquinio
il Superbo decapitasse i papaveri più alti del proprio giardino per mostrare
come andassero eliminati i personaggi più autorevoli. In età precristiana, per
i suoi molti semi, era considerato simbolo di fertilità, nell’età cristiana fu
invece associato alla passione di Cristo per via del colore rosso sangue dei
petali e del motivo a forma di croce nel centro della sua corolla.
Nel mondo anglosassone il Papavero è
tradizionalmente dedicato alla memoria delle vittime sui campi di battaglia
delle due guerre mondiali. In Gran Bretagna, nel Remembrance Day, tutti portano
un papavero rosso all’occhiello. Ma l’usanza sembra risalire molto indietro nel
tempo: si narra che Gengis Khan, l’imperatore condottiero mongolo, portasse
sempre con se dei semi di papavero che spargeva sui campi di battaglia dopo le
sue vittorie in ricordo e in rispetto di coloro che vi erano morti con onore, e
anche per "segnare” con il colore dei fiori, che là si era svolta una
battaglia.
Per gli astrologi il papavero nasce sotto
l’influenza della luna ed è quindi una pianta notturna, è soggetto all’influsso
del cupo saturno, viene associato soprattutto all’oppio, potente stupefacente
che si ricava dal Papaver Somniferum e che induce ad uno stato di torpore
simile al sonno. Il Papaver Rhoeas conserva da millenni la magia dell’oblio,
pur senza gli eccessi del suo fratello orientale.
Nel linguaggio dei fiori il papavero indica
l’orgoglio sopito, il tradimento, la bellezza effimera e l’incoscienza.
Nel papavero troviamo diversi principi attivi:
alcaloidi quali la readina, reagiina, rearubina I e II:tannini, mucillagini,
coloranti, antociani. Queste sostanze sono contenute nel latte che la pianta
secerne se si taglia la capsula; la stessa cosa succede nel Papaver Somniferum
(i cui derivati sono utili e altrettanto dannosi all’umanità), solo che il
lattice del rosolaccio non ha la stessa pericolosità. Tuttavia il papavero va
utilizzato solo al momento della necessità e secondo le prescrizioni del
medico.
Del Papavero si usa tutta la pianta raccolta
prima della fioritura anche se i petali rossi sono quelli maggiormente usati.
Appena raccolti, di solito tra maggio e luglio, vengono subito fatti essiccare
all’ombra ed in ambienti caldi e ventilati. Una volta secchi i petali diventano
di un colore rosso ancora più intenso e si conservano al buioin recipienti
ermetici di vetro o porcellana. I petali vengono usati sotto forma di infuso o
decottocome blando sedativo per conciliare il sonno a bambini e anziani. Le sue
proprietà calmantie leggermente narcotiche sono dovute agli alcaloidi presenti
che fanno sì che venga usato contro la tosse insistente, in particolare la
pertosse, l’asma bronchiale e per frenare i dolori di pancia. Secondo alcuni,
per uso esterno, l’infuso dei petali farebbe bene nei casi di mal d’orecchio o
ascessi dentali. Sotto forma di estratto per abbassare la febbre da influenza
favorendo la sudorazione. Recenti studi hanno dimostrato l’azione calmante e
antiinfiammatoria degli estratti di fiori di papavero nelle eritrosi e nei
rossori della pelle.
I semi non hanno principi attivi, sono
commestibili e vengono usati nell’industria dolciaria ed in panetteria, (anch’essi
amati già 20.000 anni fa ed utilizzati per panificazioni dedicate alla Dea, insieme
al divino miele e al sacro grano). Da essi si estrare un olio molto pregiato
ottimo come calmante e decongestionante. Le capsule che contengono i semi non
vanno assolutamente adoperate perché velenose.
I petali sono ottimi coloranti. Grazie agli
antociani dal colore rosso vinoso presenti soprattutto nei petali, in passato
le donne li hanno sfruttati per truccarsi labbra e guance. Prima della scoperta
dei coloranti artificiali, i petali di papavero venivano usati nella
colorazione di sciroppi, confetture, gelatine, bevande. Come colorante per
tessuti invece si usa il fiore intero. Si prende per esempio una maglia che si
vuole tingere la si immerge in un decotto di fiori di Papavero lasciati in
infusione per alcune ore, poi si fa bollire per 45 minuti. Quindi si lascia
raffreddare il capo in ammollo. Come mordente si usa l’allume di potassio.
In cucina i giovani germogli di Papavero sono
eccezionali mangiati crudi e ben conditi.
Hanno un sapore caratteristico, più dolce di altre erbe spontanee. Si possono
fare anche minestre, risotti, o mangiarli insaporiti in padella o impanati con
uovo come delle frittelle. Nel Salento la “paparina” è utilizzata fin dai tempi
antichi:veniva inserita ancora bollente in una pagnotta precedentemente
svuotata e poi chiusa con la stessa mollica. Questo costituiva il pasto dei
contadini che lavoravano nelle campagne lontano casa.
Paparina: 1kg.giovani piante di papavero, due
o tre manciate di olive pugliesi, 3 o 4 spicchi di aglio, 5 cucchiai di olio
extravergine d’oliva, peperoncino, sale, pane casereccio.
Pulire e lavare la verdura, scottarla in
pentola con un solo filo d’acqua per 10 minuti. In un’altra pentola far
appassire l’aglio con l’olio e peperoncino, unire le olive, farle rosolare per
pochi secondi, quindi unire la verdura scottata. Cuocere a fuoco basso fino a
ridurre la verdure quasi come un purè. Farcire il pane casereccio.
Fra i giochi dei poveri nel passato si usava
fare i “timbri” a forma di asterisco premendo sulla fronte i raggiati stimmi
delle capsule fresche, oppure si usava fare delle simpatiche bamboline
allargando i boccioli, tirando fuori un po’ i petali sgualciti in modo da
ottenere un elegante vestito che veniva poi umanizzato inserendo sul breve
gambo, appositamente lasciato, una capsula preparata tagliando la base con
l’unghia.
Papaveri rossi, fiori
semplici color del fuoco
Carboni ardenti tra le
erbe selvatiche,
accendono i campi,
riscaldano il cuore.
Aperti al sole che li ha
creati
i loro petali svolazzano
sereni, leggeri.
Fragili ma forti, in
essi sta l’amore,
la vita, la riproduzione
della specie.
Conosciuti, amati.
Il vento soffiando
toglie i loro petali
uno ad uno…
Leggeri si posano al
suolo come dolci baci.
La terra, sempre Madre,
accoglierà i suoi semi
Per amore ridonerà la
sua linfa vitale
Ad un tenero nuovo
fiore,
ad un intenso colore,
Ricordiamo che:
Prima
di intraprendere una cura a base di piante medicinali si deve sempre
interpellare un medico specialista in materia e seguire le sue indicazioni
Tutte le piante officinali
vanno usate con estrema competenza ed esperienza, con estrema cautela.
La raccolta delle erbe
salutari è un’arte abbastanza difficile: è necessario saperle riconoscere e
rispettare l’epoca in cui i principi attivi è più elevata. Èindispensabile
scegliere bene i luoghi di raccolta, per evitare piante inquinate o avvelenate
da scarichi o smog. È obbligatorio conoscere le regole di conservazione,
essicazione, preparazione e assunzione.
Numerose piante possono
risultare tossiche, se non addirittura velenose, se usate in maniera non
appropriata, o sono controindicate a determinati soggetti o situazioni
L’autoterapia può
essere pericolosa, consultare sempre un medico
Il nostro scopo è quello di
fornire una base al passeggiatore curioso. Alla persona che vuole sapere quali
sono le piante che incontra e sapere che molte hanno proprietà salutistiche.
Per trovare la voglia di tornare alla natura e guardare con nuovi occhi quello
che ci circonda cogliendone la magnificenza. Un passaggio che ci porta dentro
la natura e dentro noi stessi.
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