sabato 30 maggio 2015

Rossa rosseggia tra le foglie la fragola…

Posted by Arianna

Che fantastico frutto e che pianta modesta la fragola ….


Bella da vedere e facile da coltivare. Può essere tenuta in vasetti in cassette più o meno grandi o anche in piena terra. A mezz’ombra o al sole.
Tuttavia hanno bisogno di costanza nella cura, non sono molto esigenti perché sono piante che attecchiscono facilmente, difficilmente muoiono di caldo o di freddo, ma hanno bisogno di acqua spesso ma non troppa,  e di essere seguite quasi giornalmente perché facilmente prendono la muffa grigia o vengono mangiate dalle lumachine.
Ma cominciamo dall’inizio: chi ha portato questa fantastica pianta fino ai giorni nostri? La sua storia si perde nella notte dei tempi tanto che non è sicura l’ origine della fragola: alcune fonti la considerano originaria dell’Europa, in particolar modo dell’area alpinica, mentre altri considerano la fragola originaria del Cile, e pare sia stato un  ufficiale francese, agli inizi del Settecento, che portò in Europa le piante madri utilizzate come base per la costituzione dell'ibrido Fragaria x ananassa, a cui appartengono tutte le varietà di fragole attualmente diffuse.
Tuttavia si può leggere in vari testi antichi che la fragola era citata e conosciuta già sulle tavole dell'antica Roma: questo frutto infatti soleva comparire in coincidenza con le feste in onore di Adone, alla morte del quale (come narra la leggenda)Venere pianse copiose lacrime, che, giunte sulla terra, si trasformarono in piccoli cuori rossi: le profumatissime fragole.
Altre leggende popolari più recenti dicono che la fragola sarebbe in grado di proteggere dal morso di vipere e serpenti: per scongiurare il pericoloso veleno di questi animali si dice si debba raccogliere le foglie della piantina la notte di San Giovanni.

Chi avesse dunque raccolto le foglie nella notte tra il 23 ed il 24 di giugno, le avesse fatte essiccare al sole e poi le avesse intrecciate per farne una cintura, sarebbe stato tutelato da eventuali morsi, spesso letali, di vipere e serpenti !
Fino al XVII secolo, in Europa venivano coltivate piante di specie selvatiche autoctone (Fragaria vesca, F. viridis, o F. moschata) ed altre varietà di fragole introdotte dall'America del Nord (F. virginiano): con l'introduzione della specie americana,  abbiamo cominciato ad avere nelle nostre tavole frutti molto più grandi.


Le piantine vanno messe a dimora in un buon terreno ben fertilizzato o in piena terra o in vasi anche di soli 15 cm. di profondità,  in settembre/ottobre o in marzo/aprile, cercando di collocarle a circa 30 cm l’una dall’altra per permettere alla piantina di svilupparsi bene, annaffiandole abbondantemente dopo il trapianto.
Cresceranno piuttosto velocemente e bisogna ricordarsi di tenerle pulite da piante infestanti e di togliere loro le foglie secche.
Se sistemate in piena terra sarebbe opportuno a fine maggio quando iniziano a fruttificare mettere attorno alla pianta della pacciamatura, meglio se paglia ma con lo scopo di tenere sollevati i frutti che altrimenti appoggiati a terra potrebbero marcire con l’umidità del terreno o perlomeno esser preda delle voraci lumachine.
Le piante delle fragole iniziano a fiorire verso fine aprile, metà maggio e verso fine maggio dovreste avere le prime fragole pronte da gustare.


Da qui a poco la pianta oltre a fiori e frutti inizia la sua autoriproduzione.
Si perché la pianta si autoriproduce emmettendo dei lunghi getti verdi che appoggiandosi al terreno si auto impiantano formando così da sole nuove piantine.
Se non volete che sul terreno le vostre fragole possano via, via negli anni occupare troppo spazio, abbiate cure di tagliare gli stoloni appena appariranno.
Le piante in cassetta o in vaso di solito diminuiscono la produzione di frutti dopo 4 o 5 anni, per cui è consigliabile trapiantarla dopo appunto questo periodo.


Conservazione:  possono essere congelate intere o a fette con l’aggiunta di un po’ di zucchero.

Gelatina di fragole:  fate cuocere 1 chilo di fragole fino a quando si sciolgono bene tutte, mettetele su un telo di lino o su un filtro da cucina e lasciate colare il succo per tutta una notte.
La mattina pesate quanto ottenuto, poi preparate uno sciroppo a caldo con 100 gr. di acqua e 375 gr. di zucchero per ogni mezzo chilo ottenuto dalla colatura,  quando ancora caldo unire il succo delle fragole e lasciar cuocere finchè diventa gelatina.
Raffreddare e se non consumato tutto al momento tenere in frigorifero.

Tante qualità nelle fragole:

Le fragole sono alleate della bellezza perché sono fatte al 90% di acqua, farne uso nella loro stagione giusta è “quasi una cura” di ringiovanimento…. idratano le cellule dell'organismo senza appesantirlo con troppe calorie.
Sono ricche di enzimi capaci di attivare il metabolismo dei grassi aiutando il corpo a dimagrire con meno fatica.
E sono pure anche ricche di fibre quindi aumentano il senso di sazietà,  sono regolatrici intestinali e fanno assorbire meno grassi e meno zuccheri.

Il contenuto di vitamina C delle fragole ( cinque fragole contengono una quantità di vitamina C pari a quella di un'arancia) favorisce l'assorbimento del ferro, utile per la formazione dei globuli rossi e per i muscoli, e la produzione di collagene, una proteina che previene le rughe e rafforza i capillari riducendo ritenzione idrica e cellulite
Questa azione antiritenzione viene potenziata dal potassio, un minerale di cui le fragole sono ricche.


Le fragole sono state inserite tra i super cibi che "mantengono giovani" nella speciale classifica ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity) stilata dall'USDA (il dipartimento dell'agricoltura statunitense) per il loro alto contenuto di sostanze antiossidanti benefiche per la salute.




venerdì 29 maggio 2015

Rheum officinalis Rabarbaro



Posted by Mara

Il suo nome deriva dal latino Reubarbarum che significa “radice barbara” (cioè radice straniera) perché non veniva consumata in occidente. I Greci che ne facevano grande uso per le sue virtù medicinali, aggiunsero il sostantivo “Ra” che significa “pianta”, “Barbaron” in riferimento al fatto che veniva coltivata in terra barbara. Il Rabarbaro è una pianta antica, pare venisse coltivata in Asia già 2700 anni prima della nascita di Cristo. Solo 250 anni fa gli inglesi scoprirono che il Rabarbaro era anche commestibile.


Il Rabarbaro, del genere Rheum è una pianta erbacea perenne, rustica, appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. Comprende 60 specie spontanee diffuse in Europa e in Asia. Le varietà di Rabarbaro più conosciute sono: Il Rabarbaro a gambo e polpa verde (poco coltivato perché molto asprigno), il Rabarbaro rosso a polpa verde (molto coltivato, poco aspro e meno acido), il Rabarbaro con gambo e polpa rossi. Tutte le specie di Rabarbaro sono molto simili, ma fra specie e specie possono cambiare considerevolmente le concentrazioni di determinati principi attivi.


Il Rabarbaro è una pianta rizomata, ovvero che ha un fusto ingrossato che svolge il ruolo di riserva di nutrimenti. Nonostante sia una pianta robusta soffre nei periodi di siccità, perché è composta da un’elevata percentuale d’acqua. Possiede una discreta quantità di fibre, sali minerali, fornisce un buon apporto di vitamina A e vitamine del gruppo B, calcio, ferro, fosforo, magnesio e potassio, ma per il 93% è composta d’acqua. Il Rabarbaro popola le sponde dei corsi d’acqua (ma non i terreni paludosi) dei fiumi e ama un’atmosfera umida e fresca.  Durante l’autunno il Rabarbaro va in quiescenza e la parte aerea muore. Ricompare in primavera, tra aprile e maggio e diventa subito produttivo, con steli di dimensioni maggiori dell’anno precedente. 
    

Il Rabarbaro può essere alto fino a 2 metri e largo 1 metro, con portamento eretto, fusti rigidi, cavi, di colore rosso che contengono molto succo. L’apparato radicale è costituito da un grosso rizoma, dal quale si dipartono le radici secondarie e i fusti. Le foglie si dispongono alla base della pianta in modo da formare una rosetta, sono caduche, alterne, di grandi dimensioni, provviste di lunghi piccioli carnosi, di forma quasi tondeggiante, di colore verde brillante con bordi incisi. I fiori sono bisessuali, ovvero comprendono sia gli organi maschili che femminili, e sono riuniti in infiorescenze dalla forma simile ad una piccola pannocchia localizzata all’apice degli steli. Molto numerosi, di colore bianco tendente al verde, oppure rosso scuro. Le infiorescenze sono di grandi dimensioni.


Il Rabarbaro è una pianta originaria dell’Asia, più precisamente della Cina e del Tibet, ma alcune varietà si sono ben ambientate nelle zone temperate di tutta Europa. Il Rabarbaro europeo, si trova spesso negli orti famigliari o anche come pianta ornamentale. I Rheum Palmatum (Rabarbaro cinese) è quello più utilizzato in erboristeria per le sue proprietà fitoterapiche. Lungo le rive del fiume Volga cresce un’altra specie di Rabarbaro, il Rabarbaro russo o siberiano (Rabarbaro Rhaponticum), farmacologicamente meno “potente” di quello cinese.


Nella medicina cinese il Rabarbaro è citato come rimedio contro l’indigestione nel Pen Tsao (il grande libro delle erbe) compilato nel 2737 a.C. da Sheng Nung, l’imperatore Rosso. In epoca Medioevale in Europa il Rabarbaro era un prodotto estremamente costoso, poiché doveva essere trasportato da terre lontane. Il suo prezzo poteva essere addirittura molto più alto di quello di alcune spezie pregiate come lo zafferano, la cannella e l’oppio. I medici lo davano solo nei casi gravi o pericolosi, questo gli ha reso la fama di medicina benedetta, eccellente e solenne. Indicato da Dioscuride, proposto per la prima volta in terapia da Tralliano, per lungo tempo il Rabarbaro è stata una droga misteriosa, non conoscendosi la pianta che lo produceva. Caterina II di Russia destinò un premio a chi avesse dato informazioni riguardo questa pianta.


Il Rabarbaro ha proprietà aromatizzanti, aperitive, digestive, lassative, depurative, astringenti. L’acido crisofanico contenuto nella radice di Rabarbaro determina una colorazione giallo-rossastra dell’urina, feci, saliva, sudore e perfino del latte delle madri. Il Rabarbaro viene usato per combattere le infezioni intestinali, grazie alle sue proprietà, riequilibra lo stato della mucosa intestinale. È usato per dissolvere coaguli ematici, ma secondo una recente ricerca medica sembra possa essere utile anche contro l’epatite B. Ottimo per effettuare risciacqui e gargarismi del cavo orale, svolge un’azione antisettica ed antibatterica.  Viene usato anche nei trattamenti contro afte, ustioni, ferite e piaghe di varia natura. Il succo centrifugato di Rabarbaro è stimolante generale della funzione epatica, depurativo, antianemico. È controindicato in gravidanza, nei casi di gotta e emorroidi. È recente la notizia che riporta gli effetti antitumorali di un tipo di Rabarbaro coltivato in Inghilterra; pare che la cottura prolungata per 20 minuti sia in grado di aumentare i livelli di polifenoli che sono agenti chimici in grado di uccidere le cellule tumorali.
Le parti utilizzate della pianta sono il rizoma, caratterizzato da un sapore amaro, e i lunghi piccioli carnosi. Il rizoma si raccoglie in autunno, si decortica e si essicca tagliandolo in grossi pezzi o a rondelle; spesso per facilitare l’essicazione, i rizomi si infilano con uno spago in collane per appenderli sopra il fuoco. Nei paesi anglosassoni il rabarbaro viene utilizzato essiccato e immerso nel succo di frutta, in particolar modo quello di fragola. In alcuni paesi del nord Europa viene mangiato candito, soprattutto dai bambini. Se ne fanno anche marmellate. Il sapore degli steli è molto gradevole anche se leggermente acidulo. Il Rabarbaro viene usato anche per la preparazione di caramelle, bibite, sciroppi. In Italia è famoso il liquore a base di Rabarbaro, ottimo come digestivo o aperitivo. L’uso alimentare delle foglie è sconsigliato a causa dell’elevato contenuto di acido ossalico questo non vale per i piccioli fogliari, che ne hanno una bassissima quantità.
Per chi volesse provare un semplice dolce vegano al Rabarbaro questa è la ricetta: gr.180 Farina kamut, gr 100 sciroppo d’agave, 3 cucchiai farina di ceci, gr. 100 olio extravergine d’oliva, un pizzico di sale, mezza bustina di lievito, latte di quinoa q.b., 3 lunghe coste di Rabarbaro.
Mondare, lavare e tagliare a pezzetti il Rabarbaro. Sbattere la farina di ceci con l’agave finché il tutto diventa cremoso. Aggiungere l’olio, la farina, sale e il lievito. Amalgamare bene il tutto e se necessario aggiungere latte di quinoa fino ad avere nuovamente una consistenza densa e cremosa. Aggiungere il Rabarbaro e dare una amalgamata veloce. Versare in uno stampo (anche da plum-cake) e cuocere a 180 gradi per 40 minuti circa. 



Il Rabarbaro può essere utile anche per combattere i parassiti dell’orto. Basta mettere qualche pezzetto di foglia nella buca dove abbiamo trapiantato piante di cavoli o verze. Le foglie sprigionano una sostanza chimica, l’acido ossalico, che tiene lontano i funghi e i parassiti contenuti nel terreno. Oppure può essere utilizzato per dare riflessi “ramati” ai capelli: è sufficiente mettere in infusione alcuni pezzi di Rabarbaro nel vino bianco per una settimana, al termine si utilizza il liquido sui capelli dopo averli lavati.
Una curiosità:  La parola “Rabarbaro” una volta veniva usata nei film per creare una scena con brusio. Tutte le comparse che formavano la folla dovevano ripetere continuamente la parola Rabarbaro e poiché c’era chi lo diceva più velocemente, chi più lentamente, chi a voce più alta chi a voce più bassa, questo creava brusio. 

 
Leggende che parlano di piante, di fiori, medicina antica.
Erbe, buone per l’uomo, tradizioni tramandate dell’antichità, sapere antico.
Erbe, buone per l’uomo, per ristabilire un equilibrio rotto
Erbe, buone per l’uomo, per riportare la sintonia del corpo con la Natura, comunicazione spezzata.
Erbe, buone per l’uomo, congiunzione di forze della Natura
Erbe, buone per l’uomo, per ritornare a sentire il battito della vita, della Madre Terra.
Erbe, buone per l’uomo, per ricordare il nostro sapere antico, il nostro sapere interiore, la nostra unità con l’Universo.

Ricordiamo che:
Prima di intraprendere una cura a base di piante medicinali si deve sempre interpellare un medico specialista in materia e seguire le sue indicazioni
Tutte le piante officinali vanno usate con estrema competenza ed esperienza, con estrema cautela.
La raccolta delle erbe salutari è un’arte abbastanza difficile: è necessario saperle riconoscere e rispettare l’epoca in cui i principi attivi è più elevata. Èindispensabile scegliere bene i luoghi di raccolta, per evitare piante inquinate o avvelenate da scarichi o smog. È obbligatorio conoscere le regole di conservazione, essicazione, preparazione e assunzione.
Numerose piante possono risultare tossiche, se non addirittura velenose, se usate in maniera non appropriata, o sono controindicate a determinati soggetti o situazioni
L’autoterapia può essere pericolosa, consultare sempre un medico
Il nostro scopo è quello di fornire una base al passeggiatore curioso. Alla persona che vuole sapere quali sono le piante che incontra e sapere che molte hanno proprietà salutistiche. Per trovare la voglia di tornare alla natura e guardare con nuovi occhi quello che ci circonda cogliendone la magnificenza. Un passaggio che ci porta dentro la natura e dentro noi stessi.