sabato 5 dicembre 2015

Rheum officinalis Rabarbaro

Posted by Mara

Il suo nome deriva dal latino Reubarbarum che significa “radice barbara” (cioè radice straniera) perché non veniva consumata in occidente. I Greci che ne facevano grande uso per le sue virtù medicinali, aggiunsero il sostantivo “Ra” che significa “pianta”, “Barbaron” in riferimento al fatto che veniva coltivata in terra barbara. Il Rabarbaro è una pianta antica, pare venisse coltivata in Asia già 2700 anni prima della nascita di Cristo. Solo 250 anni fa gli inglesi scoprirono che il Rabarbaro era anche commestibile.


Il Rabarbaro, del genere Rheum è una pianta erbacea perenne, rustica, appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. Comprende 60 specie spontanee diffuse in Europa e in Asia. Le varietà di Rabarbaro più conosciute sono: Il Rabarbaro a gambo e polpa verde (poco coltivato perché molto asprigno), il Rabarbaro rosso a polpa verde (molto coltivato, poco aspro e meno acido), il Rabarbaro con gambo e polpa rossi. Tutte le specie di Rabarbaro sono molto simili, ma fra specie e specie possono cambiare considerevolmente le concentrazioni di determinati principi attivi.


Il Rabarbaro è una pianta rizomata, ovvero che ha un fusto ingrossato che svolge il ruolo di riserva di nutrimenti. Nonostante sia una pianta robusta soffre nei periodi di siccità, perché è composta da un’elevata percentuale d’acqua. Possiede una discreta quantità di fibre, sali minerali, fornisce un buon apporto di vitamina A e vitamine del gruppo B, calcio, ferro, fosforo, magnesio e potassio, ma per il 93% è composta d’acqua. Il Rabarbaro popola le sponde dei corsi d’acqua (ma non i terreni paludosi) dei fiumi e ama un’atmosfera umida e fresca.  Durante l’autunno il Rabarbaro va in quiescenza e la parte aerea muore. Ricompare in primavera, tra aprile e maggio e diventa subito produttivo, con steli di dimensioni maggiori dell’anno precedente.  


Il Rabarbaro può essere alto fino a 2 metri e largo 1 metro, con portamento eretto, fusti rigidi, cavi, di colore rosso che contengono molto succo. L’apparato radicale è costituito da un grosso rizoma, dal quale si dipartono le radici secondarie e i fusti. Le foglie si dispongono alla base della pianta in modo da formare una rosetta, sono caduche, alterne, di grandi dimensioni, provviste di lunghi piccioli carnosi, di forma quasi tondeggiante, di colore verde brillante con bordi incisi. I fiori sono bisessuali, ovvero comprendono sia gli organi maschili che femminili, e sono riuniti in infiorescenze dalla forma simile ad una piccola pannocchia localizzata all’apice degli steli. Molto numerosi, di colore bianco tendente al verde, oppure rosso scuro. Le infiorescenze sono di grandi dimensioni. 


Il Rabarbaro è una pianta originaria dell’Asia, più precisamente della Cina e del Tibet, ma alcune varietà si sono ben ambientate nelle zone temperate di tutta Europa. Il Rabarbaro europeo, si trova spesso negli orti famigliari o anche come pianta ornamentale. I Rheum Palmatum (Rabarbaro cinese) è quello più utilizzato in erboristeria per le sue proprietà fitoterapiche. Lungo le rive del fiume Volga cresce un’altra specie di Rabarbaro, il Rabarbaro russo o siberiano (Rabarbaro Rhaponticum), farmacologicamente meno “potente” di quello cinese.


Nella medicina cinese il Rabarbaro è citato come rimedio contro l’indigestione nel Pen Tsao (il grande libro delle erbe) compilato nel 2737 a.C. da Sheng Nung, l’imperatore Rosso. In epoca Medioevale in Europa il Rabarbaro era un prodotto estremamente costoso, poiché doveva essere trasportato da terre lontane. Il suo prezzo poteva essere addirittura molto più alto di quello di alcune spezie pregiate come lo zafferano, la cannella e l’oppio. I medici lo davano solo nei casi gravi o pericolosi, questo gli ha reso la fama di medicina benedetta, eccellente e solenne. Indicato da Dioscuride, proposto per la prima volta in terapia da Tralliano, per lungo tempo il Rabarbaro è stata una droga misteriosa, non conoscendosi la pianta che lo produceva. Caterina II di Russia destinò un premio a chi avesse dato informazioni riguardo questa pianta.


Il Rabarbaro ha proprietà aromatizzanti, aperitive, digestive, lassative, depurative, astringenti. L’acido crisofanico contenuto nella radice di Rabarbaro determina una colorazione giallo-rossastra dell’urina, feci, saliva, sudore e perfino del latte delle madri. Il Rabarbaro viene usato per combattere le infezioni intestinali, grazie alle sue proprietà, riequilibra lo stato della mucosa intestinale. È usato per dissolvere coaguli ematici, ma secondo una recente ricerca medica sembra possa essere utile anche contro l’epatite B. Ottimo per effettuare risciacqui e gargarismi del cavo orale, svolge un’azione antisettica ed antibatterica.  Viene usato anche nei trattamenti contro afte, ustioni, ferite e piaghe di varia natura. Il succo centrifugato di Rabarbaro è stimolante generale della funzione epatica, depurativo, antianemico. È controindicato in gravidanza, nei casi di gotta e emorroidi. È recente la notizia che riporta gli effetti antitumorali di un tipo di Rabarbaro coltivato in Inghilterra; pare che la cottura prolungata per 20 minuti sia in grado di aumentare i livelli di polifenoli che sono agenti chimici in grado di uccidere le cellule tumorali.
Le parti utilizzate della pianta sono il rizoma, caratterizzato da un sapore amaro, e i lunghi piccioli carnosi. Il rizoma si raccoglie in autunno, si decortica e si essicca tagliandolo in grossi pezzi o a rondelle; spesso per facilitare l’essicazione, i rizomi si infilano con uno spago in collane per appenderli sopra il fuoco. Nei paesi anglosassoni il rabarbaro viene utilizzato essiccato e immerso nel succo di frutta, in particolar modo quello di fragola. In alcuni paesi del nord Europa viene mangiato candito, soprattutto dai bambini. Se ne fanno anche marmellate. Il sapore degli steli è molto gradevole anche se leggermente acidulo. Il Rabarbaro viene usato anche per la preparazione di caramelle, bibite, sciroppi. In Italia è famoso il liquore a base di Rabarbaro, ottimo come digestivo o aperitivo. L’uso alimentare delle foglie è sconsigliato a causa dell’elevato contenuto di acido ossalico questo non vale per i piccioli fogliari, che ne hanno una bassissima quantità.
Per chi volesse provare un semplice dolce vegano al Rabarbaro questa è la ricetta: gr.180 Farina kamut, gr 100 sciroppo d’agave, 3 cucchiai farina di ceci, gr. 100 olio extravergine d’oliva, un pizzico di sale, mezza bustina di lievito, latte di quinoa q.b., 3 lunghe coste di Rabarbaro.
Mondare, lavare e tagliare a pezzetti il Rabarbaro. Sbattere la farina di ceci con l’agave finché il tutto diventa cremoso. Aggiungere l’olio, la farina, sale e il lievito. Amalgamare bene il tutto e se necessario aggiungere latte di quinoa fino ad avere nuovamente una consistenza densa e cremosa. Aggiungere il Rabarbaro e dare una amalgamata veloce. Versare in uno stampo (anche da plum-cake) e cuocere a 180 gradi per 40 minuti circa.




Il Rabarbaro può essere utile anche per combattere i parassiti dell’orto. Basta mettere qualche pezzetto di foglia nella buca dove abbiamo trapiantato piante di cavoli o verze. Le foglie sprigionano una sostanza chimica, l’acido ossalico, che tiene lontano i funghi e i parassiti contenuti nel terreno. Oppure può essere utilizzato per dare riflessi “ramati” ai capelli: è sufficiente mettere in infusione alcuni pezzi di Rabarbaro nel vino bianco per una settimana, al termine si utilizza il liquido sui capelli dopo averli lavati.

Una curiosità:  La parola “Rabarbaro” una volta veniva usata nei film per creare una scena con brusio. Tutte le comparse che formavano la folla dovevano ripetere continuamente la parola Rabarbaro e poiché c’era chi lo diceva più velocemente, chi più lentamente, chi a voce più alta chi a voce più bassa, questo creava brusio.


Leggende che parlano di piante, di fiori, medicina antica.
Erbe, buone per l’uomo, tradizioni tramandate dell’antichità, sapere antico.
Erbe, buone per l’uomo, per ristabilire un equilibrio rotto
Erbe, buone per l’uomo, per riportare la sintonia del corpo con la Natura, comunicazione spezzata.
Erbe, buone per l’uomo, congiunzione di forze della Natura
Erbe, buone per l’uomo, per ritornare a sentire il battito della vita, della Madre Terra.
Erbe, buone per l’uomo, per ricordare il nostro sapere antico, il nostro sapere interiore, la nostra unità con l’Universo.

alberi di natale....e ancora alberi di natale

Posted by Cinzia

Il bello di "creare" qualcosa con le proprie mani, oltre alla soddisfazione di dire "l'ho fatto io" ci da l'opportunità di fare una, due, mille versioni di una nostra creazione, nessuna uguale all'altra e tutte bellissime....

Ecco un’altra versione dell’albero di Natale tutto naturale!
Divertitevi anche voi a prepararlo, è facilissimo e divertente, sia da fare ma anche nella ricerca delle cose da appendere che sono tutte di origine naturale: ho usato semi di zucca, monete del papa, bacche, rami di edera e bucce di fagioli e cicerchie, oltre ai rami di legno e tappi di sughero tagliati a fettine.

Il procedimento è sempre quello che ho spiegato nel post precedente, qui di seguito ci metto le foto delle fasi di lavorazione e buon divertimento!!










martedì 1 dicembre 2015

Arte e riciclo....un albero di natale "alternativo" .....

Posted by Cinzia

Il Natale si avvicina e bisogna cominciare a preparare l’albero. In questo post io ne propongo uno in versione tutta naturale!!

E’ costruito infatti con soli elementi vegetali : legno, fiori e foglie secchi, pigne ecc. ed occupa pochissimo spazio perchè è un albero che possiamo appendere al muro o sulla  porta d’ingresso.

Con i rami ho fatto la classica forma triangolare dell’albero, ho messo poi dei rametti più sottili all’interno, in maniera trasversale, dove poi con la colla a caldo ho incollato le mie decorazioni. 



Alcune sono state fatte riunendo a mazzetto delle foglie secche di acero giapponese, altre sono fiori secchi e altre ancora sono le palline appuntite del liquidambar, il tutto spruzzato di vernice dorata.



Sul legno di base ho incollato delle pigne e infine ho creato delle candele con dei pezzetti di legno, sopra ai quali ho appoggiato una moneta del papa dorata che imita la fiamma.





All’apice una stella fatta con dei legnetti sottili e la coda con la corteccia di betulla.

martedì 24 novembre 2015

Arbutus unedo ( corbezzolo)

Posted by Mara

L’ Arbutus unedo è un albero originario della zona mediterranea occidentale dove cresce spontaneamente, appartiene alla famiglia delle Ericaceae, la stessa famiglia dell’erica e dei mirtilli.


È una pianta che varia nelle dimensioni, va da piccolo arbusto ad albero alto fino a 10 metri. 

L’Arbutus unendo presenta un bel fogliame sempreverde e la corteccia rossastra che si sfalda in sottili placche allungate che costituiscono un elemento ornamentale in tutte le stagioni, in più si presenta particolarmente colorato, grazie alla sua capacità di contenere foglie, fiori e frutti contemporaneamente.


Le foglie, sparse sui rametti, sono ovali-oblunghe e acuminate in entrambe le estremità, il margine è seghettato, la consistenza coriacea con nervature prominenti nella parte inferiore.

I fiori, appaiono in autunno-inverno e fruttificano l'autunno seguente. Sono molto piccoli e uniti tra loro in brevi grappoli penduli. 

Ogni fiore è formato da un piccolissimo calice e da una corolla bianca o rossa rigonfia come un otre, terminata alla fauce da cinque piccoli denti volti verso l’esterno.

Le infiorescenze sono bisessuate, cioè al loro interno presentano sia gli organi maschili che quelli femminili.  I profumatissimi fiori in autunno attirano api e farfalle; le farfalle amano deporre le uova sulle foglie mentre sono parecchi gli uccelli che durante il periodo autunnale si nutrono dei frutti dell’Arbutus.


Il frutto dell’Arbutus unendo è una bacca carnosa più o meno tondeggiante con la superficie tubercolata, raggiunge dimensioni simili a quelle di una ciliegia. 

Si presentano rossi esternamente, mentre internamente hanno una polpa scura, soda dolce. 

La colorazione di queste bacche è prima verde, poi gialla e infine arancione, rossa. 

I frutti che si formano l’anno precedente, maturano durante lo sviluppo dei fiori dell’anno successivo regalando diversi effetti cromatici. I frutti (corbezzoli) sono maturi quando si staccano spontaneamente dalla pianta e cadono a terra.


Il suo nome "Arbutus unedo" sembra provenire quasi certamente dal celtico. Infatti "ar" in celtico vuol dire "acerbo, astringente" mentre "unedo" è il nome che veniva usato nell’antichità e che sembra derivare dal latino "unu tantum edo" "ne mangio uno soltanto" per precisare di non esagerare con i suoi frutti che in quantità eccessiva davano senso di nausea e stitichezza, mentre l’origine della parola corbezzolo è incerta; alcuni studiosi la fanno risalire alla parola germanica” kirsch – bùschel” che significa “grappolo di ciliege”.

Greci e romani pensavano che la pianta di Arbutus unendo fosse nociva in quanto, se mangiate, le sue bacche provocavano mal di testa e di stomaco all'individuo. 

In passato era chiamato ciliegio marino, e considerato pianta magica, proprio perché un consumo copioso porta ad uno stato di vertigine simile all’ebbrezza. 

Gli studiosi delle credenze magiche e degli antichi culti riferiscono di una festa religiosa legata al consumo delle bacche di Arbutus unendo (corbezzoli), che si teneva il 23 di ottobre, giorno di san Simeone e Giuda. Questa festa del corbezzolo era secoli fa una di quei riti che collegavano la magia e la religione con il divertimento, una celebrazione gioiosa attorno al frutto che aveva un potere inebriante simile ai grappoli d’uva. 

I partecipanti si davano appuntamento tra i sentieri dei boschi, raccoglievano i corbezzoli e poi si intrattenevano fino a tarda sera a festeggiare allegramente.

Invece durante il solstizio d’estate, il 23 giugno, l’Arbutus unedo era una delle piante di san Giovanni, in grado di proteggere i bambini dalle streghe. Virgilio, nell’Eneide, racconta che i parenti dei defunti usavano porre dei rami di Arbutus unendo sulle tombe come simbolo ed auspicio di immortalità.

Durante il risorgimento L’Arbutus unendo venne chiamato anche pianta di Garibaldi per i suoi colori, il verde delle foglie, il bianco dei fiori e il rosso dei frutti che in autunno compaiono contemporaneamente e ricordano la bandiera italiana.

Per le sue speciali caratteristiche Giovanni Pascoli gli dedicò un’ode.

In Inghilterra L ’Arbutus è nominato strawberry tree perché ricorda un albero carico di fragole. Lo stemma della città di Madrid è un orso che si nutre da una pianta di Arbutus.


L’Arbutus unendo è ricco di proprietà terapeutiche: è astringente ed antidiarroico, antinfiammatorio delle vie biliari, del fegato e di tutto l’apparato circolatorio e delle vie urinarie, antispasmodico dell’apparato digerente, diuretico, antisettico. 

Queste proprietà sono racchiuse nelle foglie ricche di tannini. I frutti invece sono molto ricchi di zuccheri e vitamina C ma vanno mangiati in piccola quantità perché possono dare disturbi e soprattutto evitati in caso di diabete. Le foglie si raccolgono in maggio-agosto staccandole a una a una insieme al picciolo. 

Non vanno raccolte quelle dell’anno precedente che sono più indietro nei rami e hanno un colore più scuro e il margine spesso brunito. Le foglie da raccogliere sono quelle verde intenso. 

Si essiccano poi all’ombra in strati sottili muovendole spesso, si conservano poi in sacchetti di carta. 

L’infuso di Arbutus può portare notevoli benefici in caso di cistiti e infiammazioni alla vescica. 

In Marocco le foglie vengono tradizionalmente usate per preparare una tisana che, grazie ai suoi benefici sul sistema circolatorio, cala la pressione sanguigna.

Il decotto della radice può essere usato nell’arteriosclerosi, mentre il decotto delle foglie come tonico astringente sulla pelle. 

Il miele di corbezzolo(Arbutus) ha proprietà antisettiche, astringenti, anti asmatiche, viene indicato per alleviare il mal di gola. È un miele dal colore scuro con sapore amaro e a volte pungente; è molto ricercato perché è l’ultima produzione delle api prima del periodo invernale.



I frutti vengono raccolti maturi fra novembre e dicembre.

Si conservano male, sono morbidi e delicati perciò fermentano facilmente. 

Meglio impiegarli in cucina per preparare inconsuete marmellate distillati, vini, sciroppi, succhi, salse, o un gustoso aceto da utilizzare per condire insalate oppure per fare un insolito regalo.

Per fare l’aceto bastano una manciata di frutti poco maturi e 6 foglie di alloro.

Mettere entrambi in una bottiglia con un litro di aceto e lasciar riposare in un luogo fresco, asciutto e al buio per tre settimane circa. I frutti matureranno prendendo il colore rosso dentro la bottiglia. I liquori si preparano invece facendo macerare i frutti maturi nell’alcool puro. 

Nel sud del Portogallo si produce una bevanda alcolica chiamata Aguardente de Medronho.

L’intera pianta è usata anche in altri modi, ad esempi dalla corteccia si estraggono tannini che vengono utilizzati per produrre coloranti o per la concia delle pelli.

Il legno spesso viene usato per le sue proprietà aromatiche per la cottura di carne e pesce o per affumicare (assieme ad altri legni) le forme di formaggio. 

I vecchi contadini con la radice di Arbutus, usata insieme ad altri legni, si auto costruivano le pipe. Trova impiego anche nei rimboschimenti, poiché è una pianta con una grande resistenza al fuoco, dopo il suo passaggio riesce ad emettere velocemente dei polloni vitali che favoriscono la sua crescita. 


  
Colore, sapore, gioia d’autunno
Piccoli fiori bianchi,
Allegra cascata ricca di sfumature.
Metamorfosi
I fiori nuovi sorridono ai frutti
Appariscenti bacche scarlatte che brillano
Incastonate nella verde chioma.
E dal profondo del cuore
Evocano ricordi lontani…
Il tricolore…
Il profumo dell’amore.
                                       By Mara
      
 Ricordiamo che:
Prima di intraprendere una cura a base di piante medicinali si deve sempre interpellare un medico specialista in materia e seguire le sue indicazioni
Tutte le piante officinali vanno usate con estrema competenza ed esperienza, con estrema cautela.
La raccolta delle erbe salutari è un’arte abbastanza difficile: è necessario saperle riconoscere e rispettare l’epoca in cui i principi attivi è più elevata. Èindispensabile scegliere bene i luoghi di raccolta, per evitare piante inquinate o avvelenate da scarichi o smog. È obbligatorio conoscere le regole di conservazione, essicazione, preparazione e assunzione.
Numerose piante possono risultare tossiche, se non addirittura velenose, se usate in maniera non appropriata, o sono controindicate a determinati soggetti o situazioni
L’autoterapia può essere pericolosa, consultare sempre un medico
Il nostro scopo è quello di fornire una base al passeggiatore curioso. Alla persona che vuole sapere quali sono le piante che incontra e sapere che molte hanno proprietà salutistiche. Per trovare la voglia di tornare alla natura e guardare con nuovi occhi quello che ci circonda cogliendone la magnificenza. Un passaggio che ci porta dentro la natura e dentro noi stessi.