Posted by Mara
Il Giuggiolo e un grazioso alberello della famiglia delle
Rhamnaceae. Esistono pareri diversi circa la sua origine, ma tutti i biologi
concordano sul fatto che sia coltivato ormai da oltre 4000 anni. Sembra sia
arrivato nel bacino del Mediterraneo dalla Cina circa 2000 anni a.C. Fu portato a
Roma da l’imperatore Augusto (63 a.C.) che lo introdusse poi in tutta Italia e
nel Sud della Francia. Vive selvatico nei coltivi abbandonati e nei vecchi giardini, oltre a
essere coltivato.
Il giuggiolo è una di quelle piante ormai esiliate nell'elenco dei
frutti antichi, sempre meno diffusa in coltivazione, sempre meno gradita come
pianta da frutto, qualcuno suppone che la sua scarsa frequenza nei giardini,
nonostante sia una pianta molto bella, sia dovuta alla lentezza della sua
crescita.
Al genere Ziziphus appartengono circa duecento
specie, si tratta di arbusti o piccoli alberi, che in genere raggiungono i 4-5
metri di altezza, a crescita lenta. La corteccia è rugosa, grigio-bruna, poco fessurata.
Il legno all’interno delle fessurazioni assume colorazioni dal rosa al
rossastro.
I rami biancastri, hanno
uno sviluppo serpentino e ritorto, spesso ricadente, e presentano numerose
grandi spine molto appuntite, queste sono disposte a due a due in
corrispondenza dell’ascella fogliare: una è molto dritta, affilata ed orientata
verso l’alto, l’altra ha forma di uncino, va verso il basso ed è più corta.
Il
fogliame è deciduo, costituito da foglie pennate, composte da piccole
foglioline ovali, di colore verde brillante, lucide e leggermente consistenti.
In primavera inoltrata o ad inizio estate produce una miriade di piccoli fiori
di colore bianco- giallastri con la corolla quasi invisibile e di scarso valore
decorativo; a cui seguono i frutti, simili ad olive, commestibili. Il frutto
varia molto a seconda delle specie: rotonda, allungata o anche periforme.
A
maturità il suo colore varia dal marrone al violaceo. Contiene un nocciolo
avvolto nella polpa biancastra che può risultare più o meno farinosa. Il suo
sapore ricorda quello delle mele acerbe.
Le giuggiole maturano
a fine estate, o nelle prime settimane dell'autunno; sono di colore verde
chiaro e solitamente commestibili anche quando sono acerbe; dapprima
leggermente dolci, divengono sempre più dolciastre man mano che la buccia si
tingere di scuro; con il passare delle settimane la polpa
delle giuggiole si raggrinzisce, ma rimane commestibile e molto
dolce. Sia
da verdi che
da marroni; non sono frutti
succulenti o profumati, ma il loro sapore dolce e particolare le rende
speciali.
Non è facile reperire i frutti sul mercato, in commercio si trovano
soprattutto varietà innestate, dette giuggiolo-mela, con frutti di dimensioni
cospicue, dalla polpa zuccherina e soda.
Il
nome Zizyphus deriva dal greco “Zizyphon” e dall’arabo “Zizifous” con cui è
conosciuto il Giuggiolo di Barberia.
Il nome italiano ha, chissà perché, dato
origine a modi di dire e a proverbi che hanno fatto pensare ad una pianta più
vicina al contadino che al signore; si usa dire “Giuggiolone” ad un ragazzone ben messo ma ingenuo e sciocco, o ad
una persona di intelligenza limitata e che conclude poco.
"Giuggiolino” invece ad un bambino grassottello e simpatico dal
colorito tra il giallo e il rosso.
«Quando
il giuggiolo si veste, e tu ti spoglia, quando si spoglia, e tu ti vesti
“perché questa pianta è una delle ultime a rivestirsi del suo fogliame a
primavera, e l’ultima a spogliarsene all’arrivo del freddo.
«È un lavoro lungo, altro che giuggiole!»
e «un’eredità di cento milioni? Una
giuggiola!». Le giuggiole per tradizione vanno raccolte in settembre,
esattamente il 29: «per San Michele la
giuggiola nel paniere».
Poi c’è il famoso “andare in brodo di giuggiole” che
significa godere di un piacere delizioso come assaggiare una dolcissima
giuggiola, ma la dicitura proverbiale arriva dal Rinascimento, quando il Giuggiolo
e i suoi frutti conobbero un momento di nobiltà.
Nei pressi del lago di Garda, la
famiglia Gonzaga aveva la residenza estiva, qui veniva prodotto e offerto un
delizioso estratto a base di giuggiole il poi famoso “brodo di giuggiole”
ideale per accompagnare dolci o biscotti o per essere sorseggiato.
I liquori a base di giuggiole erano conosciuti
presso molte civiltà del bacino del Mediterraneo. I preparati più antichi di
cui si ha conoscenza furono fatti da Egizi e Fenici. Erodoto paragonò la dolcezza della giuggiola
a quella del dattero, evidenziando come dalla polpa fermentata della giuggiola
si ottenesse un liquido molto inebriante. Omero nel Odissea parla del paese dei mangiatori di giuggiole e come questo
frutto, avesse il potere di rendere felici facendo dimenticare l’amore per la
propria patria ai marinai che accompagnavano Ulisse. Presso i romani il giuggiolo diventò il simbolo del silenzio, e fu usato
per ornare i templi della dea Prudenza; ciò non impedì di farne anche un uso
profano, e in particolare di ottenerne preparati liquidi fermentati. Pare che
con i rami del giuggiolo sia stata intrecciata dai soldati romani la corona di
spine di Cristo.
Secondo il Corano, nel paradiso cresce un
giuggiolo portentoso, con tante foglie quanti sono gli uomini della terra: ne
spunta una, tenera, ad ogni nascita, ne cade una, ingiallita, ad ogni partenza
dal mondo;
Nelle terre d’Oriente il giuggiolo è la
rappresentazione dell’immortalità e di trascendenza della materia, mentre il
suo fiore è il simbolo del sollievo. Nell’ Africa del Nord il frutto
veniva seccato e polverizzato per impastare focacce. In Romagna in molte case
coloniche il giuggiolo era coltivato adiacente la casa nella zona più riparata
ed esposta al sole, si riteneva fosse una pianta portafortuna.
Ai giorni nostri il
Giuggiolo è molto conosciuto nel Veneto dove in un paese
dei Colli Euganei, Arquà Petrarca, si festeggia la “Festa delle Giuggiole “. Le prime due domeniche di ottobre nel paesino trecentesco
le stradine si riempiono di banchetti dove predomina questo frutto.
Il Giuggiolo è
molto bello sia come albero da frutto che
come pianta ornamentale, essendo in grado di regalare un piacevole
spettacolo per la vista nel corso della stagione autunnale.
Del
Giuggiolo si usano i frutti che oltre ad essere molto stuzzicanti per il palato
hanno anche ottime proprietà medicinali. Si raccolgono a completa maturazione
in settembre-ottobre. Solitamente si usano freschi, ma volendoli conservare si
possono essiccare conservandoli poi in recipienti di vetro. La giuggiola
contiene saponine triterpeniche, piccole quantità di alcaloidi, mucillagini,
zuccheri, acido tartarico e soprattutto vitamina C. 10 giuggiole equivalgono a
2 arance. Ha proprietà: tossifughe, diuretiche, antiinfiammatorie, emollienti,
epatoprotettive, ipocolesterolemiche, antipiretiche.
In Cina è considerata la
pianta calmante più conosciuta e utilizzata dalla medicina popolare che la
definisce come uno dei principali tonici cerebrali tradizionali, poiché le
vengono attribuite proprietà toniche, digestive, miorilassanti, e
riequilibranti della mente. Studi scientifici effettuati negli anni 80-90 ne
hanno confermato queste proprietà sia utilizzato da solo, sia in associazione
con altre piante. Sono state messe in evidenza anche proprietà antiossidanti,
antiaritmiche e protettive cardiovascolari; un’assunzione prolungata riduce il
colesterolo LDL e i trigliceridi, migliorando la funzione cardiocircolatoria.
Il frutto essiccato o l'estratto di giuggiolo
viene usato per curare le infiammazioni della gola, le bronchiti più gravi, i
comuni raffreddori e i disturbi alle vie respiratorie causati da allergie
croniche. Con la giuggiola secca si può fare un decotto da bere che servirà ad
alleviare i disturbi di aprile e maggio, unica controindicazione, pare che, le
dolcissime giuggiole frenerebbero il desiderio sessuale.
Frutto simbolo della transizione tra i prodotti estivi e quelli
invernali una volta veniva abbrustolito sul fuoco come si fa per le castagne e
venduto in coni di carta. Secche ricordano molto i datteri. Le giuggiole sono
ottime anche per la preparazione di marmellate, confetture, sciroppi, gelatine
e canditi, senza dimenticare il brodo di giuggiole.
Portare in tavola le giuggiole è una cosa irrinunciabile e saggia e
alcune ricette che ora proporrò ne sono un buon modo per assaporare il loro
dolce e aromatico sapore.
Per una gustosissima marmellata: occorrono: giuggiole 1kg, zucchero 500
gr, limone 1, zenzero (radice) 4-5 cm, un pizzico di cannella.
Pulire le giuggiole ed
estrarre il semino interno.
Mettere le
giuggiole in un tegame con il succo di limone, lo zenzero grattugiato e due
bicchieri d’acqua.
Far cuocere finché diventano molli, poi frullarle con un
mixer ad immersione o con un passa verdure se non si vogliono sentire le bucce.
Aggiungere poi lo zucchero e far addensare per almeno 15 minuti. Versarla nei
vasetti ancora calda e farli andare sottovuoto.
Un’altra ricetta squisita è la crema crudista di giuggiole, occorrono:
g. 125 di giuggiole mature, 1 cucchiaio e mezzo di farina di carrube( o cacao
amaro per chi preferisce), 3 cucchiai di sciroppo d’agave, 3 cucchiai di olio
di mais, g 40 di noci americane, 1 cucchiaino di buccia d’arancia, un pizzico
di zenzero essiccato.
Versare tutti gli
ingredienti tranne l’olio in un robot da cucina e frullare, aggiungere l’olio
un po’ alla volta finché non risulta una bella crema spalmabile. Si può
conservare in frigo per alcuni giorni.
I biscotti vegani: con l’aggiunta di
giuggiole sono ottimi e assumo un gusto molto rustico: g. 100 di farina di
Kamut, g.100 di farina di mais, g.80 di zucchero, 1cucchiaio di lievito, la
buccia di mezzo limone grattugiata, g.60 olio evo, gr 60 di giuggiole
denocciolate e tagliate a pezzetti, acqua q.b.
Miscelate in una ciotola le
farine, il lievito, lo zucchero e la scorza di limone, l’olio, amalgamando il
tutto aggiungendo un po’ d’acqua.
Alla fine aggiungere i pezzetti di giuggiole,
otterrete un impasto morbido. Formare delle palline schiacciate e disponetele
su una placca da forno coperta con carta forno.
Cuocere i biscotti in forno
preriscaldato a 180° per circa 20 minuti.
Frutti dimenticati perché considerati poveri
Frutti intrisi di nostalgia per i tempi passati...
Bacche graziose che cambiavano colore
Corteccia rugosa
che ricorda le mani dei contadini piene di
rughe e calli
Preziosi prodotti della nostra terra
Frutti riscoperti…
Com’è bello camminare nel verde
osservare quali frutti sono maturati al sole,
raccoglierli direttamente dagli alberi
Ah! Quale magia, quale sapore e quale sapere
la
Natura ci offre stagione dopo stagione.
Poesia by Mara