Posted by Mara
Il suo nome deriva dal
latino Reubarbarum che significa “radice barbara” (cioè radice straniera)
perché non veniva consumata in occidente. I Greci che ne facevano grande uso
per le sue virtù medicinali, aggiunsero il sostantivo “Ra” che significa
“pianta”, “Barbaron” in riferimento al fatto che veniva coltivata in terra
barbara. Il Rabarbaro è una pianta antica, pare venisse coltivata in Asia già
2700 anni prima della nascita di Cristo. Solo 250 anni fa gli inglesi
scoprirono che il Rabarbaro era anche commestibile.
Il Rabarbaro è una
pianta rizomata, ovvero che ha un fusto ingrossato che svolge il ruolo di
riserva di nutrimenti. Nonostante sia una pianta robusta soffre nei periodi di
siccità, perché è composta da un’elevata percentuale d’acqua. Possiede una
discreta quantità di fibre, sali minerali, fornisce un buon apporto di vitamina
A e vitamine del gruppo B, calcio, ferro, fosforo, magnesio e potassio, ma per
il 93% è composta d’acqua. Il Rabarbaro popola le sponde dei corsi d’acqua (ma
non i terreni paludosi) dei fiumi e ama un’atmosfera umida e fresca. Durante l’autunno il Rabarbaro va in
quiescenza e la parte aerea muore. Ricompare in primavera, tra aprile e maggio
e diventa subito produttivo, con steli di dimensioni maggiori dell’anno
precedente.
Il Rabarbaro può essere alto fino a 2 metri e largo 1 metro, con
portamento eretto, fusti rigidi, cavi, di colore rosso che contengono molto
succo. L’apparato radicale è costituito da un grosso rizoma, dal quale si
dipartono le radici secondarie e i fusti. Le foglie si dispongono alla base
della pianta in modo da formare una rosetta, sono caduche, alterne, di grandi
dimensioni, provviste di lunghi piccioli carnosi, di forma quasi tondeggiante,
di colore verde brillante con bordi incisi. I fiori sono bisessuali, ovvero
comprendono sia gli organi maschili che femminili, e sono riuniti in
infiorescenze dalla forma simile ad una piccola pannocchia localizzata all’apice
degli steli. Molto numerosi, di colore bianco tendente al verde, oppure rosso
scuro. Le infiorescenze sono di grandi dimensioni.
Il
Rabarbaro è una pianta originaria dell’Asia, più precisamente della Cina e del
Tibet, ma alcune varietà si sono ben ambientate nelle zone temperate di tutta
Europa. Il Rabarbaro europeo, si trova spesso negli orti famigliari o anche
come pianta ornamentale. I Rheum Palmatum (Rabarbaro cinese) è quello più
utilizzato in erboristeria per le sue proprietà fitoterapiche. Lungo le rive
del fiume Volga cresce un’altra specie di Rabarbaro, il Rabarbaro russo o
siberiano (Rabarbaro Rhaponticum), farmacologicamente meno “potente” di quello
cinese.
Nella medicina cinese
il Rabarbaro è citato come rimedio contro l’indigestione nel Pen Tsao (il
grande libro delle erbe) compilato nel 2737 a.C. da Sheng Nung, l’imperatore
Rosso. In epoca Medioevale in Europa il Rabarbaro era un prodotto estremamente
costoso, poiché doveva essere trasportato da terre lontane. Il suo prezzo
poteva essere addirittura molto più alto di quello di alcune spezie pregiate
come lo zafferano, la cannella e l’oppio. I medici lo davano solo nei casi
gravi o pericolosi, questo gli ha reso la fama di medicina benedetta,
eccellente e solenne. Indicato da Dioscuride, proposto per la prima volta in
terapia da Tralliano, per lungo tempo il Rabarbaro è stata una droga
misteriosa, non conoscendosi la pianta che lo produceva. Caterina II di Russia
destinò un premio a chi avesse dato informazioni riguardo questa pianta.
Il Rabarbaro ha proprietà aromatizzanti, aperitive, digestive, lassative,
depurative, astringenti. L’acido crisofanico contenuto nella radice di Rabarbaro
determina una colorazione giallo-rossastra dell’urina, feci, saliva, sudore e
perfino del latte delle madri. Il Rabarbaro viene usato per combattere le
infezioni intestinali, grazie alle sue proprietà, riequilibra lo stato della
mucosa intestinale. È usato per dissolvere coaguli ematici, ma secondo una
recente ricerca medica sembra possa essere utile anche contro l’epatite B.
Ottimo per effettuare risciacqui e gargarismi del cavo orale, svolge un’azione
antisettica ed antibatterica. Viene
usato anche nei trattamenti contro afte, ustioni, ferite e piaghe di varia
natura. Il succo centrifugato di Rabarbaro è stimolante generale della funzione
epatica, depurativo, antianemico. È controindicato in gravidanza, nei casi di
gotta e emorroidi. È recente la notizia che riporta gli effetti antitumorali di
un tipo di Rabarbaro coltivato in Inghilterra; pare che la cottura prolungata
per 20 minuti sia in grado di aumentare i livelli di polifenoli che sono agenti
chimici in grado di uccidere le cellule tumorali.
Le parti utilizzate della pianta sono il rizoma,
caratterizzato da un sapore amaro, e i lunghi piccioli carnosi. Il rizoma si
raccoglie in autunno, si decortica e si essicca tagliandolo in grossi pezzi o a
rondelle; spesso per facilitare l’essicazione, i rizomi si infilano con uno
spago in collane per appenderli sopra il fuoco. Nei paesi anglosassoni il
rabarbaro viene utilizzato essiccato e immerso nel succo di frutta, in
particolar modo quello di fragola. In alcuni paesi del nord Europa viene
mangiato candito, soprattutto dai bambini. Se ne fanno anche marmellate. Il
sapore degli steli è molto gradevole anche se leggermente acidulo. Il Rabarbaro
viene usato anche per la preparazione di caramelle, bibite, sciroppi. In Italia
è famoso il liquore a base di Rabarbaro, ottimo come digestivo o aperitivo.
L’uso alimentare delle foglie è sconsigliato a causa dell’elevato contenuto di
acido ossalico questo non vale per i piccioli fogliari, che ne hanno una
bassissima quantità.
Per chi volesse provare un semplice dolce vegano al Rabarbaro questa è la
ricetta: gr.180 Farina kamut, gr 100 sciroppo d’agave, 3 cucchiai farina di
ceci, gr. 100 olio extravergine d’oliva, un pizzico di sale, mezza bustina di
lievito, latte di quinoa q.b., 3 lunghe coste di Rabarbaro.
Mondare, lavare e tagliare a pezzetti il Rabarbaro. Sbattere la farina di
ceci con l’agave finché il tutto diventa cremoso. Aggiungere l’olio, la farina,
sale e il lievito. Amalgamare bene il tutto e se necessario aggiungere latte di
quinoa fino ad avere nuovamente una consistenza densa e cremosa. Aggiungere il
Rabarbaro e dare una amalgamata veloce. Versare in uno stampo (anche da
plum-cake) e cuocere a 180 gradi per 40 minuti circa.
Il Rabarbaro può essere utile anche per combattere i parassiti dell’orto. Basta mettere
qualche pezzetto di foglia nella buca dove abbiamo trapiantato piante di cavoli
o verze. Le foglie sprigionano una sostanza chimica, l’acido ossalico, che
tiene lontano i funghi e i parassiti contenuti nel terreno. Oppure può essere
utilizzato per dare riflessi “ramati” ai capelli: è sufficiente mettere in
infusione alcuni pezzi di Rabarbaro nel vino bianco per una settimana, al
termine si utilizza il liquido sui capelli dopo averli lavati.
Una curiosità: La parola “Rabarbaro” una volta veniva usata
nei film per creare una scena con brusio. Tutte le comparse che formavano la
folla dovevano ripetere continuamente la parola Rabarbaro e poiché c’era chi lo
diceva più velocemente, chi più lentamente, chi a voce più alta chi a voce più
bassa, questo creava brusio.
Leggende che parlano
di piante, di fiori, medicina antica.
Erbe, buone per l’uomo,
tradizioni tramandate dell’antichità, sapere antico.
Erbe, buone per l’uomo,
per ristabilire un equilibrio rotto
Erbe, buone per l’uomo,
per riportare la sintonia del corpo con la Natura, comunicazione spezzata.
Erbe, buone per l’uomo,
per ritornare a sentire il battito della vita, della Madre Terra.
Erbe, buone per
l’uomo, per ricordare il nostro sapere antico, il nostro sapere interiore, la
nostra unità con l’Universo.